INDIRIZZO
Corso Garibaldi 17
20121 Milano
ITALIA
CONTATTAMI @
«Quella degli artisti di Bagutta è una bella storia milanese…»
Giuseppe Sala
Sindaco di Milano
1964
Bruno De Cerce
Presidente Onorario
Fondatore del Gruppo Culturale
Pittori di Via Bagutta
La storia della nascita
della Fiera dell’Arte
di Via Bagutta
nel racconto della figlia
di Bruno de Cerce,
il fondatore.
A mio padre
Che
mio
padre
fosse
una
persona
non
comune
mi
iniziò
ad
entrare
in
testa
quando
ancora
piccola,
potevo
avere
4
o
5
anni,
lo
sentii
chiedere
a
mia
madre
di
confezionargli
una
divisa
da
ergastolano:
casacca
e
pantaloni
a
grosse
righe
bianche e nere con una cifra cucita sul taschino.
Lui,
uno
stimato
impiegato
del
Ministero
dei
Lavori
Pubblici
di
Milano,
e
io
una
bambina
di
appena
5
anni
con
ancora
negli
occhi
la
meraviglia
delle
enormi
stanze
e
imponenti
corridoi
del
Palazzo
Reale
di
Milano
dove
mio
padre
ogni
tanto
mi
portava
a
visitare
il
suo
ufficio.
Come
era
possibile
questa
richiesta?
E
perché?
Iniziai
a
prestare
allora
più
attenzione
ai
discorsi
sussurrati
tra
i
miei
genitori
e
pian piano cominciai a capire.
In Italia erano gli anni del boom economico.
Ma
facciamo
un
passo
indietro
di
qualche
anno,
era
il
1957
e
da
Catanzaro
mio
padre,
che
svolgeva
l’attività
di
funzionario
del
Ministero
dei
Lavori
Pubblici
e
parallelamente
di
pittore,
giornalista
e
scrittore,
volle
trasferire
la
famiglia
al
”nord”,
fece
quindi
domanda
di
trasferimento
a
Roma
mettendo
come
seconda
scelta
Milano.
Non
so
se
fosse
un
ricordo
di
bimba
o
fosse
il
ricordo
dei
discorsi
che
sentii
in
seguito
da
mia
madre,
sta
di
fatto
che
il
suo
sogno
sarebbe
stato
“Roma”
per
poter
frequentare
i
pittori
di
via
Margutta
e
dare
maggior
sfogo
alla
sua
attività
di
pittore.
La
manifestazione
di
“
via
Margutta”
esisteva
già
da
qualche anno. E così nel 1958 arrivò l’agognato trasferimento ma… a Milano.
Ed è da qui che iniziò la sua battaglia. Una battaglia lunga sei anni.
Ottobre
1958,
feci
la
conoscenza
col
cielo
grigio
e
con
la
nebbia
di
Milano;
per
anni
fui
intimamente
arrabbiata
coi
miei
genitori
per
avermi
tolto
dal
quel
piccolo
paradiso
che
erano
il
mio
orto,
i
miei
animali,
l’azzurro
del
mare
e
del
cielo in una contrada di Catanzaro Lido.
Cosa
poteva
esserci
di
bello
in
un
posto
così
grigio?
Mi
chiedevo.
Anche
il
mio
carattere mutò e diventai una bambina introversa.
Con
gli
anni
poi
la
mia
visione
cambiò
completamente
e
forse
anche
il
mio
carattere.
Ebbene
in
quegli
anni
l’obiettivo
di
mio
padre
era
quello
di
portare
a
Milano
ciò
che già era a Roma. Una manifestazione all’aperto nel cuore della città dove
i
pittori
potessero
esporre
le
loro
opere
liberamente
e
gratuitamente
per
due
o
tre giorni all’anno.
La
città,
gli
sentivo
dire
nei
discorsi
con
mia
madre,
doveva
dare
la
possibilità
agli
artisti
di
esporre
le
proprie
opere
al
pubblico
senza
dover
sostenere
grosse
spese.
I
pittori,
si
sa,
non
navigano
nell’oro,
e
l’arte
ha
bisogno
di
mostrarsi
ma
le
gallerie chiedevano troppo.
A
quei
tempi
mio
padre
frequentava
lo
storico
locale
bar
trattoria
di
via
Bagutta
al
numero
1
“da
Gaudio”,
il
cui
proprietario
Riccardo
Gaudio
divenne
il
suo
primo
sostenitore.
Lì
si
ritrovava
insieme
ad
altri
colleghi
pittori,
giornalisti,
attori,
cantanti,
sostenitori:
Tony
Dallara,
Walter
Chiari,
Alighiero
Noschese,
Ugo
Gregoretti, ....solo per citarne alcuni.
Fondò
così
il
“Gruppo
dei
Pittori
di
Via
Bagutta”
e
diede
il
via
alle
prime
richieste
“pacifiche”
alle
autorità
competenti
per
ottenere
il
permesso
di
esporre
nella
via,
mediante
fitta
corrispondenza
con
assessori
e
sindaci
per
lungo
tempo
senza ottenere alcun riscontro.
Dopo
i
numerosi
e
vani
tentativi
pacifici
per
ottenere
l’autorizzazione
ad
occupare
seppur
per
solo
due
giorni
la
via
Bagutta
iniziò
il
periodo
dei
sit-in
di
protesta
in
strada.
Proprio
allora
dopo
anni
di
inutili
richieste
pacifiche
mio
padre
passò
all’occupazione
del
suolo
pubblico
sdraiandosi
per
terra
in
manette
e bloccando così il traffico (allora si poteva circolare in centro).
Fu
arrestato
e
multato
in
più
occasioni.
Nei
miei
occhi
di
bambina
non
fu
semplice
accettare
la
visione
del
proprio
padre
sdraiato
in
mezzo
alla
strada
in
catene
in
via
Bagutta
con
quella
casacca
da
carcerato,
che
era
diventata
la
sua
divisa,
attorniato
dai
“ghisa”
che
lo
sollevavano
a
peso
nelle
foto
sui
giornali
che
lui
custodiva
con
fi
erezza
in
quella
postazione
che
poi
per
tanti
anni
e
fino
all’autunno del 1999 fu il suo storico Stand in via Bagutta.
E quella strada, la via Bagutta, sarebbe
diventata dopo alcuni anni la prima e unica
occasione per i milanesi di ammirare
le opere di più di 150 pittori.
I giornali ne parlavano e quanti articoli!
Dal 1958 al 1964 mio padre combattè
la sua battaglia ma solo nel 1964,
grazie all’assessore Valentini,
fu accordato il permesso e così
il 25 ottobre 1964 ebbe luogo
finalmente la prima
Fiera dell’arte della via Bagutta!
Io intanto dipingevo i miei primi
acquarelli e fu così che a metà degli
anni settanta iniziai ad esporre
e a portare avanti la passione
per la pittura quasi
contemporaneamente agli studi
universitari. Per mio padre ero
la ”fisica nucleare” e so che
con gli altri andava fiero di me.
Ma non me lo disse mai. Tutta la vita di mio padre
fu
dedicata
alla
pittura,
l’ultimo
meraviglioso
quadro
(una
Venezia,
città
che
tanto
amava
e
che
lo
ospitò
in
numerose
occasioni)
fu
dipinto
nel
1999
solo
un
anno
prima
della
sua
morte.
Ma
la
sua
vita
è
stata
anche
sempre
vicina
ai
suoi
amici
pittori.
Migliaia
le
manifestazioni
che
egli
promosse
in
giro
per
l’Italia,
le
estemporanee
nei
borghi
e
nelle
città
della
Lombardia,
Veneto,
Liguria,.....e
non
solo.
Il
gruppo
dei
pittori
di
via
Bagutta
acquisì
in
poco
tempo
fama
e
rinomanza
e fu così che iniziò il gemellaggio con Roma e con i pittori di via Margutta.
E
come
non
ricordare
i
tradizionali
appuntamenti
con
l’arte
che
si
svolgevano
a
primavera
e
in
autunno
il
sabato
e
la
domenica
e
che
convogliavano
migliaia
di
visitatori?
La
strada
era
un
tripudio
di
quadri
e
di
colori
e
così
le
strade
che
si
dipanavano da via Bagutta:
Via
Baguttino,
via
Sant’Andrea,
via
Montenapoleone,
strapiene
di
gente
che
ci
si
faceva
largo
tra
la
folla
con
fatica.
La
fiera
dell’arte
di
Via
Bagutta
era
diventato
l’appuntamento biennale fi sso con i milanesi e non solo.
Estroso,
creativo,
appassionato
della
sua
arte,
vulcanico
e
caparbio
nel
perseguire
i
suoi
obiettivi
come
cupo
e
introverso
quando
stava
in
famiglia
dove
la
sua
ancora,
il
suo
appiglio,
la
persona
alla
quale
riversava
i
suoi
pensieri
e
le
sue
malinconie
era
mia
madre:
la
persona
che
più
di
ogni
altro
sapeva
raccogliere i suoi pensieri e i suoi progetti. Questo era mio padre.
Sempre
al
passo
coi
tempi
però
dove
sul
finire
degli
anni
sessanta,
all’epoca
dello
sbarco
sulla
luna,
vestiva
i
panni
del
cosmonauta
e
in
Piazza
Duomo
manifestava
per
la
pace
nel
mondo,
la
globalizzazione,
la
ricerca
spaziale
e
promuoveva
la
sua
pittura cosmo radiottiva col suo Manifesto.
Come
nella
seconda
metà
degli
anni
settanta,
all’epoca
delle
prime
rivolte
studentesche,
non
esitava
ad
indossare
un
abito
da
fachiro
e,
sdraiato
in
una
cassa
da
morto
piena
di
chiodi,
nel
mitico
studio
di
Via
Festa
del
Perdono,
protestava contro le guerre e per la pace nel mondo.
Il
suo
egocentrismo,
la
sua
lungimiranza
e
quello
spirito
di
solidarietà
e
di
vicinanza
affettiva
coi
pittori
gli
ottennero
un’ampia
notorietà
che
si
riversò
ineluttabilmente
sul
gruppo
da
lui
creato.
Sfoglio
il
suo
libro
“Gli
Sfrattati”
che
ripercorre
quegli
anni
e
raccoglie
decine
e
decine
di
testimonianze
dell’epoca
come gli articoli sui giornali, le fotografi e, le interviste e la fitta corrispondenza
con personaggi pubblici, giornalisti, scrittori, autorità del Comune di Milano.
Rivoluzionario, passionario, talento unico. Era un uomo carismatico.
Pochi
giorni
fa
rimettendo
ordine
in
un
cassetto
ho
ripreso
le
sue
carte,
i
ricordi
di
infanzia,
i
disegni
in
carboncino
o
a
matita,
le
caricature
dei
soldati
in
prigionia
e
gli
schizzi
che
raffiguravano
i
camerati,
i
medici,
e
trovo
alcune
pagine
di
giornali
dell’epoca
dove
vedo
pubblicati
i
suoi
racconti,
le
sue
poesie,
o
le
caricature
di
questo
o
di
quel
personaggio
dell’epoca.
Scherzando
mi
rendo
conto
che
“non
ho
preso
da
lui”
...
ma
ritrovo
la
capacità
oratoria,
lo
stile
e
la
sensibilità nello scrivere nei miei figli.
La sua fu un vita costellata di successi ma anche di sofferenza.
Il
“male
di
vivere“
lo
perseguitò
per
tanti
anni
e
non
fu
senza
dolore
che
assistetti
ai
suoi
continui
“alti
e
bassi”.
Ma
cosa
poteva
capire
una
ragazzina,
negli anni più belli e più diffi cili dell’adolescenza?
Quanto
avrei
voluto
che
“guarisse”,
che
fosse
più
allegro
e
leggero
in
famiglia!
Ma
forse,
se
fosse
stato
così
non
avrebbe
dipinto
quelle
meravigliose
opere
che
tanti hanno conosciuto, apprezzato e acquistato!
Ci
vollero
parecchi
anni
prima
che
potessi
vederlo
sereno,
dovetti
diventare
grande io.
Carmen de Cerce
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Illustrazione di
Bruno De Cerce