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«Quella degli artisti di Bagutta è una bella storia milanese…»
Giuseppe Sala Sindaco di Milano
1964 - 2024
1964
Bruno De Cerce Presidente Onorario Fondatore del Gruppo Culturale Pittori di Via Bagutta
La storia della nascita della Fiera dell’Arte di Via Bagutta nel racconto della figlia di Bruno de Cerce, il fondatore.
A mio padre
Che mio padre fosse una persona non comune mi iniziò ad entrare in testa quando ancora piccola, potevo avere 4 o 5 anni, lo sentii chiedere a mia madre di confezionargli una divisa da ergastolano: casacca e pantaloni a grosse righe bianche e nere con una cifra cucita sul taschino. Lui, uno stimato impiegato del Ministero dei Lavori Pubblici di Milano, e io una bambina di appena 5 anni con ancora negli occhi la meraviglia delle enormi stanze e imponenti corridoi del Palazzo Reale di Milano dove mio padre ogni tanto mi portava a visitare il suo ufficio. Come era possibile questa richiesta? E perché? Iniziai a prestare allora più attenzione ai discorsi sussurrati tra i miei genitori e pian piano cominciai a capire. In Italia erano gli anni del boom economico. Ma facciamo un passo indietro di qualche anno, era il 1957 e da Catanzaro mio padre, che svolgeva l’attività di funzionario del Ministero dei Lavori Pubblici e parallelamente di pittore, giornalista e scrittore, volle trasferire la famiglia al ”nord”, fece quindi domanda di trasferimento a Roma mettendo come seconda scelta Milano. Non so se fosse un ricordo di bimba o fosse il ricordo dei discorsi che sentii in seguito da mia madre, sta di fatto che il suo sogno sarebbe stato “Roma” per poter frequentare i pittori di via Margutta e dare maggior sfogo alla sua attività di pittore. La manifestazione di via Margutta” esisteva già da qualche anno. E così nel 1958 arrivò l’agognato trasferimento ma… a Milano. Ed è da qui che iniziò la sua battaglia. Una battaglia lunga sei anni. Ottobre 1958, feci la conoscenza col cielo grigio e con la nebbia di Milano; per anni fui intimamente arrabbiata coi miei genitori per avermi tolto dal quel piccolo paradiso che erano il mio orto, i miei animali, l’azzurro del mare e del cielo in una contrada di Catanzaro Lido. Cosa poteva esserci di bello in un posto così grigio? Mi chiedevo. Anche il mio carattere mutò e diventai una bambina introversa. Con gli anni poi la mia visione cambiò completamente e forse anche il mio carattere. Ebbene in quegli anni l’obiettivo di mio padre era quello di portare a Milano ciò che già era a Roma. Una manifestazione all’aperto nel cuore della città dove i pittori potessero esporre le loro opere liberamente e gratuitamente per due o tre giorni all’anno. La città, gli sentivo dire nei discorsi con mia madre, doveva dare la possibilità agli artisti di esporre le proprie opere al pubblico senza dover sostenere grosse spese. I pittori, si sa, non navigano nell’oro, e l’arte ha bisogno di mostrarsi ma le gallerie chiedevano troppo. A quei tempi mio padre frequentava lo storico locale bar trattoria di via Bagutta al numero 1 “da Gaudio”, il cui proprietario Riccardo Gaudio divenne il suo primo sostenitore. si ritrovava insieme ad altri colleghi pittori, giornalisti, attori, cantanti, sostenitori: Tony Dallara, Walter Chiari, Alighiero Noschese, Ugo Gregoretti, ....solo per citarne alcuni. Fondò così il “Gruppo dei Pittori di Via Bagutta” e diede il via alle prime richieste “pacifiche” alle autorità competenti per ottenere il permesso di esporre nella via, mediante fitta corrispondenza con assessori e sindaci per lungo tempo senza ottenere alcun riscontro. Dopo i numerosi e vani tentativi pacifici per ottenere l’autorizzazione ad occupare seppur per solo due giorni la via Bagutta iniziò il periodo dei sit-in di protesta in strada. Proprio allora dopo anni di inutili richieste pacifiche mio padre passò all’occupazione del suolo pubblico sdraiandosi per terra in manette e bloccando così il traffico (allora si poteva circolare in centro). Fu arrestato e multato in più occasioni. Nei miei occhi di bambina non fu semplice accettare la visione del proprio padre sdraiato in mezzo alla strada in catene in via Bagutta con quella casacca da carcerato, che era diventata la sua divisa, attorniato dai “ghisa” che lo sollevavano a peso nelle foto sui giornali che lui custodiva con fi erezza in quella postazione che poi per tanti anni e fino all’autunno del 1999 fu il suo storico Stand in via Bagutta. E quella strada, la via Bagutta, sarebbe diventata dopo alcuni anni la prima e unica occasione per i milanesi di ammirare le opere di più di 150 pittori. I giornali ne parlavano e quanti articoli! Dal 1958 al 1964 mio padre combattè la sua battaglia ma solo nel 1964, grazie all’assessore Valentini, fu accordato il permesso e così il 25 ottobre 1964 ebbe luogo finalmente la prima Fiera dell’arte della via Bagutta! Io intanto dipingevo i miei primi acquarelli e fu così che a metà degli anni settanta iniziai ad esporre e a portare avanti la passione per la pittura quasi contemporaneamente agli studi universitari. Per mio padre ero la ”fisica nucleare” e so che con gli altri andava fiero di me. Ma non me lo disse mai. Tutta la vita di mio padre fu dedicata alla pittura, l’ultimo meraviglioso quadro (una Venezia, città che tanto amava e che lo ospitò in numerose occasioni) fu dipinto nel 1999 solo un anno prima della sua morte. Ma la sua vita è stata anche sempre vicina ai suoi amici pittori. Migliaia le manifestazioni che egli promosse in giro per l’Italia, le estemporanee nei borghi e nelle città della Lombardia, Veneto, Liguria,.....e non solo. Il gruppo dei pittori di via Bagutta acquisì in poco tempo fama e rinomanza e fu così che iniziò il gemellaggio con Roma e con i pittori di via Margutta. E come non ricordare i tradizionali appuntamenti con l’arte che si svolgevano a primavera e in autunno il sabato e la domenica e che convogliavano migliaia di visitatori? La strada era un tripudio di quadri e di colori e così le strade che si dipanavano da via Bagutta: Via Baguttino, via Sant’Andrea, via Montenapoleone, strapiene di gente che ci si faceva largo tra la folla con fatica. La fiera dell’arte di Via Bagutta era diventato l’appuntamento biennale fi sso con i milanesi e non solo. Estroso, creativo, appassionato della sua arte, vulcanico e caparbio nel perseguire i suoi obiettivi come cupo e introverso quando stava in famiglia dove la sua ancora, il suo appiglio, la persona alla quale riversava i suoi pensieri e le sue malinconie era mia madre: la persona che più di ogni altro sapeva raccogliere i suoi pensieri e i suoi progetti. Questo era mio padre. Sempre al passo coi tempi però dove sul finire degli anni sessanta, all’epoca dello sbarco sulla luna, vestiva i panni del cosmonauta e in Piazza Duomo manifestava per la pace nel mondo, la globalizzazione, la ricerca spaziale e promuoveva la sua pittura cosmo radiottiva col suo Manifesto. Come nella seconda metà degli anni settanta, all’epoca delle prime rivolte studentesche, non esitava ad indossare un abito da fachiro e, sdraiato in una cassa da morto piena di chiodi, nel mitico studio di Via Festa del Perdono, protestava contro le guerre e per la pace nel mondo. Il suo egocentrismo, la sua lungimiranza e quello spirito di solidarietà e di vicinanza affettiva coi pittori gli ottennero un’ampia notorietà che si riversò ineluttabilmente sul gruppo da lui creato. Sfoglio il suo libro “Gli Sfrattati” che ripercorre quegli anni e raccoglie decine e decine di testimonianze dell’epoca come gli articoli sui giornali, le fotografi e, le interviste e la fitta corrispondenza con personaggi pubblici, giornalisti, scrittori, autorità del Comune di Milano. Rivoluzionario, passionario, talento unico. Era un uomo carismatico. Pochi giorni fa rimettendo ordine in un cassetto ho ripreso le sue carte, i ricordi di infanzia, i disegni in carboncino o a matita, le caricature dei soldati in prigionia e gli schizzi che raffiguravano i camerati, i medici, e trovo alcune pagine di giornali dell’epoca dove vedo pubblicati i suoi racconti, le sue poesie, o le caricature di questo o di quel personaggio dell’epoca. Scherzando mi rendo conto che “non ho preso da lui” ... ma ritrovo la capacità oratoria, lo stile e la sensibilità nello scrivere nei miei figli. La sua fu un vita costellata di successi ma anche di sofferenza. Il “male di vivere“ lo perseguitò per tanti anni e non fu senza dolore che assistetti ai suoi continui “alti e bassi”. Ma cosa poteva capire una ragazzina, negli anni più belli e più diffi cili dell’adolescenza? Quanto avrei voluto che “guarisse”, che fosse più allegro e leggero in famiglia! Ma forse, se fosse stato così non avrebbe dipinto quelle meravigliose opere che tanti hanno conosciuto, apprezzato e acquistato! Ci vollero parecchi anni prima che potessi vederlo sereno, dovetti diventare grande io. Carmen de Cerce Torna alla pagina precedente
Illustrazione di Bruno De Cerce